18/04/2024
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Incontriamo a Milano a Expo, durante il National Day, l’Ambasciatore d’Eritrea in Italia, Fesshazion Pietros che intervistiamo nel Cluster “Zone Aride”, all’interno del pavilion eritreo appena inaugurato. L’Ambasciatore Fesshazion è da poco tornato in Italia, terra che conosce molto bene per aver completato qui i suoi studi universitari e per aver già ricoperto in anni passati l’incarico diplomatico.

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Signor Ambasciatore  Expo oggi festeggia il National Day dell’Eritrea  che coincide con il giorno dell’Indipendenza, una data molto importante…

Sì, per noi questa è una data molto importante, dopo trent’anni di sacrifici e di lotte (ndr dal 1961 al 1991) abbiamo conquistato finalmente l’indipendenza, quindi per noi è la data più importante dell’anno. Come vede la partecipazione della gente è stata molto forte e ci sarebbero state ancora più persone se fosse stata nel pomeriggio, perché molti, soprattutto le donne, la mattina lavorano. Dal numero di persone presenti però si vede quanto per noi questa data sia importante e che da noi è la gente che fa le cose, non i governi o le autorità.

Una festa e una parata veramente affollatissima…

Alla festa per l’indipendenza partecipano tutti, uomini, donne, giovani e bambini.

Il futuro del paese…

Assolutamente, come diciamo sempre, la ricchezza dell’Eritrea è la sua gente, ancor di più i suoi giovani.

Anche se, come lei sa, abbiamo problemi enormi perché non siamo riusciti a creare posti di lavoro per i nostri giovani. Nella politica del governo però  i più alti investimenti sono nel campo dell’istruzione. In Eritrea si studia gratuitamente dalle elementari al college, questo significa che il paese investe sui giovani. Speriamo che i giovani lo capiscano.

Un’ultima domanda, il tema di Expo è “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita”, la partecipazione eritrea nel Cluster “zone aride” è importante perché, come è stato detto, il paese ha molto da insegnare su come affrontare e vincere questa sfida…  

L’Eritrea è un paese giovane che si è incamminato su una strada da percorre ancora a lungo. Però ha fatto moltissimo, se si considera che è mancato il sostegno internazionale che altri hanno avuto. Tuttavia se si vuole osservare e capire un paese bisogna andarci, non fermarsi al sentito dire. Viaggiando in Eritrea si vede che abbiamo costruito pozzi, dighe grandi e piccole perché senz’acqua non si potrebbe produrre cibo. La prima cosa perciò è stata costruire dighe, sbarramenti, pozzi.

A valle dei villaggi ci sono bacini che trattengono l’acqua in modo che le donne non debbano più percorrere 5, 6, 7 chilometri per trovarla.

Questi lavori sono stati voluti e fatti dalla gente, con il coinvolgimento del governo. E questa, per noi è stata una seconda liberazione, dopo quella dall’Etiopia. Oggi la donna eritrea è più libera dal peso dell’andamento quotidiano, familiare, che gravava soprattutto su di lei. Non tutto ancora è fatto ma siamo sulla strada giusta, che una donna trovi l’acqua a 500 metri per noi è motivo di orgoglio. È un traguardo, ma il resto del mondo deve ancora capirlo e continua a ripetere le stesse cose.

Expo potrà far conoscere meglio l’Eritrea?

È per questo che siamo qui, noi lo speriamo.

©Marilena Dolce

@EritreaLive