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Ginevra: 10mila eritrei davanti all’ONU, no alle accuse contro l’Eritrea

Marilena Dolce
28/06/16
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Ginevra, manifetanti eritrei davanti al palazzo dell'Onu per protestare contro il rapporto della Commissione d'Inchiesta

Ginevra, 21 giugno,  manifetanti eritrei davanti al palazzo dell’Onu per protestare contro il rapporto della Commissione d’Inchiesta

Diecimila eritrei davanti all’ONU dicono no alle accuse

A Ginevra più di diecimila eritrei arrivati da tutto il mondo, davanti all’ONU  per dire no alle accuse di crimini contro l’umanità mosse dalla Commissione d’Inchiesta al governo dell’Eritrea.

In Svizzera, a Ginevra, martedì 21 giugno, moltissimi eritrei e amici dell’Eritrea, gli organizzatori stimano più di 10mila persone, si sono ritrovate per manifestare pacificamente davanti al Palazzo delle Nazioni Unite (ONU) scandendo, #IStandWithEritrea, “Io sto con l’Eritrea”.

È una dura protesta contro il report della Commissione d’Inchiesta (COI, Commission of Inquiry) presentato lo scorso 8 giugno che accusa i governanti eritrei di aver commesso crimini contro l’umanità.

Uomini e donne, moltissimi giovani, radunati al mattino nel bel Parc des Cropettes, hanno marciato pacificamente verso il Palazzo delle Nazioni Unite per far sentire la propria voce.

Per una giornata il centro di Ginevra, la piazza dominata dalla Broken Chair, sedia simbolo dell’orrore provocato dalle mine antiuomo, è stata eritrea. Nessuna violenza, nessuno scontro, tanto orgoglio e colori nazionali.

Moltissimi giovani raccontano, con veemenza, perché sono a Ginevra, perché si oppongono alle accuse della Commissione. Tra le seconde generazioni, arrivate da molti paesi, oltre al tigrino che non tutti conoscono, si parlano le lingue europee, si comunica in inglese.

Dicono, con pacatezza, che in Eritrea, come nel resto del mondo, non tutti la pensano allo stesso modo ma che davanti alle accuse presentate a Ginevra, giudicate false, l’unione era indispensabile.

L’attacco li ha rafforzati, dicono, e non farà vacillare l’amore che hanno per il paese dei genitori e dei nonni, un paese nel quale molti di loro vorrebbero andare a vivere dopo aver finito gli studi.

Non si sottraggono alle interviste, spiegano di aver letto il rapporto e sentito le dichiarazioni del Ministro degli Esteri eritreo, di essere a Ginevra per far sentire la propria voce.

Un sedicenne, che ha compiuto gli anni nella notte del viaggio verso Ginevra, mi dice: “l’Eritrea ha lottato per tantissimi anni da sola, (ndr 1961-1991) nel silenzio di tutti, perdendo moltissimi uomini, ora che sta in fase di crescita arrivano le sanzioni e le accuse, non è giusto”.

“L’Eritrea è degli eritrei” ripetono in molti. “Abbiamo un solo fine, stare con il nostro paese”, dicono.
Chiedo a tutti perché sono a Ginevra. “Perché?” Risponde una giovane donna “te lo dico alla romana, tiriamo fuori le corna”.

L’accusa contenuta nel report della Commissione è pesante, se il Consiglio dei Diritti Umani la formalizzerà, il passo successivo potrebbe essere davanti alla Corte Penale Internazionale.

Lo scorso 8 giugno, in risposta al report, Yemane Ghebreab, advisor del presidente Isaias Afwerki, in conferenza stampa, ha definito il lavoro della Commissione “privo di obiettività, imparzialità, non selettività e rigore”.

Alle 500 testimonianze contro l’Eritrea presentate dalla Commissione, Yemane ha contrapposto 42mila testimonianze a favore, inviate dalla diaspora di 20 paesi e ignorate dalla Commissione. Così com’è stata ignorata la disponibilità di 856 eritrei di testimoniare a Ginevra in favore del proprio paese. Un paese che conta circa 4 milioni di abitanti.

Al termine della manifestazione, due rappresentanti della diaspora hanno consegnato, entrando nel palazzo delle Nazioni Unite, i pacchi cartacei con 200mila petizioni firmate da eritrei e da amici dell’Eritrea.

Mentre la piazza, nonostante la fitta pioggia, si riempie di gente, all’interno del palazzo Yemane Ghebreab interviene, durante la 32ma sessione del Consiglio sui Diritti Umani, per ribattere punto per punto tutte le accuse.

“Il mese scorso il popolo eritreo” dice “ha festeggiato i 25 anni d’indipendenza con orgoglio e gioia”. “La commissione però” prosegue “ha negato questa realtà sostenendo che l’Eritrea ha commesso crimini contro l’umanità dal primo giorno della sua indipendenza nel maggio 1991”.

“Andando oltre il suo mandato” continua Yemane, “la Commissione ha espresso giudizi senza prove concrete” e senza tenere in considerazione “fatti e cifre” presentate dall’Eritrea.

Yemane ha inoltre ricordato l’impegno e il lavoro dell’Eritrea con l’UPR, (ndr Universal Periodic Review) sempre per i diritti umani e l’accettazione di 92 raccomandazioni, nonché la cooperazione con le Nazioni Unite.

Fuori, intanto, sul palco, prendono la parola in molti per raccontare la propria storia, per recitare poesie. Applaudito l’intervento di un diplomatico, ex ambasciatore etiopico in Somalia, che dice che l’Eritrea, paese molto stimato in Africa, dovrebbe essere imitata per fermezza e unità.

L’Eritrea, paese “rosso”, come dice il suo nome, nasce nel 1890 con il colonialismo italiano e un tricolore issato ad Assab prima dell’Unità. L’Italia, però, nel 1941, perde la colonia che passerà agli inglesi fino al 1947, poi l’Eritrea sarà federata all’Etiopia.

John Foster Dulles, allora segretario di stato americano, disse in quell’occasione che, sebbene i desideri del popolo eritreo dovessero essere tenuti in considerazione, “gli interessi strategici degli Stati Uniti imponevano che il paese fosse legato all’Etiopia alleata americana”.
“Interessi strategici” che provocheranno la più lunga guerra della storia.

Nel 1962, l’Imperatore Heilè Selassie abolisce la federazione e annette l’Eritrea che, nel silenzio delle democrazie occidentali, diventa una provincia dell’Etiopia. L’Occidente decide che per l’Eritrea è giusto il governo di un monarca assoluto che pensa di avere diritto divino.

Nel 1977, in Etiopia, destituito l’Imperatore, prende il potere Menghistu Heilè Marian che nazionalizza e smantella l’economia eritrea, azzera commerci, affama la popolazione, divide le famiglie, costringe gli eritrei a scegliere tra esilio e lotta.

Ancora oggi molti eritrei che sostengono e aiutano il paese dall’estero, continuando ad amarlo, vivono nei luoghi dove sono scappati per sfuggire a Menghistu.

La Commissione d’Inchiesta che per scandagliare, valutare, infine accusare l’Eritrea, usa un metro occidentale sembra non conoscerne la storia. Sembra pensare che sia possibile creare una società multipartitica senza un’adeguata base sociale ed economica che l’Eritrea, dal 1991 ad oggi, sta ancora cercando di costruire.

Perché dopo l’indipendenza ha avuto solo sette anni di pace, giusto il tempo di pianificare il futuro, la ricostruzione, grazie anche al sevizio nazionale (1994), poi tutto si è bloccato un’altra volta.

Nel 1998 una nuova guerra con l’Etiopia per un confine contestato che, nel 2002,una commissione internazionale giudicherà eritreo. Una situazione tesa che provocherà la morte di 19mila giovani, una pesante migrazione dalle aree occupate e un disastroso contraccolpo economico.

Per finire, come la comunità internazionale sa, l’Etiopia non ha mai accettato l’Accordo di Algeri e non ha mai abbandonato militarmente il confine, creando una situazione d’instabilità endemica.

Domenica 12 giugno, pochi giorni dopo le conferenze stampa di Ginevra, Eritrea ed Etiopia si scontrano, ancora una volta, su quel confine.

Le Nazioni Unite e il Segretario Generale Ban Ki-moon esprimono preoccupazione, richiamando alla calma “entrambi i paesi” e chiedendo che le armi lascino il posto al dialogo politico.

Tuttavia, al contrario di quanto si legge nel rapporto della Commissione, la gente che manifesta a Ginevra dice che, dal 1991 a oggi, il paese ha fatto molto.

L’Eritrea, dicono, è ora un paese unito, senza discriminazioni etniche né religiose, dove cristiani e musulmani convivono pacificamente. Un paese con  scuole, ospedali e ambulatori che hanno fatto crollare l’incidenza di morte neonatale e durante parto e gravidanza. Molti degli obiettivi raggiunti erano fra quelli del Millennio (MDG’s), perché non riconoscerli, si chiedono.

Quanto ai diritti delle donne, riferendosi all’accusa di stupri sistematici contenuta nel rapporto, Yemane dice che è un’offesa per la popolazione. “Lo stupro, crimine in Eritrea molto raro” continua “è ripugnante per la società e severamente punito dalla legge”. “l’Eritrea, aggiunge “è un paese dove le donne camminano per strada in qualsiasi momento del giorno e della notte senza timore di aggressioni fisiche o sessuali”.
“La parità di genere ottenuta dalle donne è” spiega Yemane, “il risultato del loro ruolo nella lotta per la libertà e la costruzione della nazione”.

Al termine della manifestazione di piazza, dalla 32ma sessione del Consiglio dei Diritti Umani arriva la notizia che Gibuti e Somalia, paesi in conflitto con l’Eritrea e fortemente legati all’Etiopia, hanno presentato una proposta di risoluzione contro l’Eritrea, accogliendo le accuse della Commissione d’Inchiesta.

In un comunicato la Missione Permanente dell’Eritrea presso l’ONU chiede agli stati che fanno parte dell’Unione Africana (AU) e del NAM, Movimento di Stati non Allineati, di respingere questa bozza, ricordando la decisione del Sedicesimo Summit NAM in cui si dichiara inammissibile che uno stato africano sia processato dalla Corte Penale Internazionale (ICC, International Criminal Court) senza l’approvazione dell’Assemblea dell’Unione Africana.

Marilena Dolce
@EritreaLive

Marilena Dolce

Marilena Dolce, giornalista. Da circa dieci anni viaggio verso il Corno d'Africa e da altrettanti scrivo ciò che vedo. Soprattutto per Eritrea ed Etiopia ma non solo. Dal 2012 scrivo per EritreaLive, notizie e racconti in diretta dall'Eritrea. Perchè per capire il mondo bisogna uscire dal proprio quartiere, anche solo leggendo.

Una risposta a “Ginevra: 10mila eritrei davanti all’ONU, no alle accuse contro l’Eritrea”

  1. Marilena Dolce ha detto:

    RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO

    Mi chiamo Iohannes Ghirmai, le scrivo queste poche righe per offrire una piccola personale testimonianza/contributo. Innanzitutto, ripensandoci a freddo, mi debbo scusare con lei; ci siamo incontrati alla manifestazione contro il rapporto COI del 21/06/2016 a Ginevra ed io ho cercato di defilarmi al suo tentativo d’intervistarmi a motivo della mia timidezza nello stare di fronte ad una telecamera… “forzato” a prendere coraggio dagli eritrei lì vicino, ho iniziato a rispondere alle sue domande sul perchè della mia presenza alla manifestazione e quale fosse a mio avviso l’elemento da considerare maggiormente inaccettabile del rapporto COI… non abbiamo potuto terminare l’intervista perchè la memoria della camera era sovraccarica. A quel punto, avendo già rotto il ghiaccio, erano solo battute di scherzo le mie espressione di (finta) gioia per essermi svincolato dall’intervista. Mi scuso, perché non è una giustificazione sufficiente la timidezza, per volersi sottrarre alla sua richiesta volta a fornire un informazione documentata dell’evento in cui eravamo immersi… anzi avrei dovuto cercare di aiutarla in maniera più attiva semmai… La timidezza in definitiva è una forma di narcisismo (in negativo) fuori luogo, soprattutto perché ci trovavamo in una manifestazione il cui scopo era quello di farci sentire, quello di mettere in luce alcuni aspetti politici di vitale interesse per il popolo eritreo. Ripensando poi che il giorno prima abbiamo ricordato i nostri martiri che hanno consegnato la vita per l’Eritrea…: altro che un intervista davanti ad una telecamera!…
    Voglio inoltre ringraziarla perchè Eritrealive è uno dei rari spazi dove di Eritrea si parla con rispetto e degli eritrei come dei “soggetti” della narrazione, diversamente da tutto il mainstream e dei pigri “taglia incollatori” in giro, dove degli eritrei si discute come “oggetti” su cui riversare fiumi di parole senza legami con la realtà, se non con la realtà dei loro miseri pregiudizi e dei triti e ritriti luoghi comuni che hanno le loro basi culturali nel vecchio colonialismo imperialista. Ad onor del vero, debbo dire che i vecchi razzisti del colonialismo, monarchico prima, fascista poi, avendo una conoscenza dei territori occupati, partivano con un back ground razzista tout court, ma quando s’impattavano con le realtà delle colonie e ne dovevano riportare le descrizioni (razziste comunque, di norma) risultavano incredibilmente più reali di quelle fornite dagli odierni sedicenti giornalisti; africanisti; esperti degli esteri vari, che partono con un back ground in teoria (in teoria!) antirazzista, ma i resoconti che questi forniscono dell’Eritrea sono spesso di un razzismo che a volte sfiora l’assurdo e l’ilare… purtroppo essendo in molti a ripetere più e più volte falsità contro l’Eritrea, qualcosa nell’uditorio occidentale rimane… come dei novelli adepti di Goebbels, questi falsi ripetitori di menzogne hanno la loro bella infame funzione: riportare cento, mille, un milione di volte una falsità, questa diviene una “verità” per l’uditorio che se ne abitua. Quel che lascia esterrefatti è che la campagna di diffamazione dell’Eritrea è andata molto avanti… è arrivata fino ad essere un argomento della politica di una commissione legata all’Onu… Il rapporto del COI (Commission Inquiry on Human Rights) ha un elevato livello di partigianeria anti Eritrea, oserei dire quasi acredine personale. Tutto il rapporto è viziato dal modo in cui hanno raccolto i dati: testimonianze di anonimi eritrei (?!) molti dei quali ascoltati in Etiopia, paese con il quale l’Eritrea si trova in una situazione di no guerra-no pace. Già questo dovrebbe far capire il quadro nel quale inserire le accuse contro l’Eritrea, aggiungiamo per chi non dovesse saperlo: il governo dell’Etiopia è una pedina fondamentale per gli interessi geopolitici degli Usa avremo così, ancor più nitida l’immagine complessiva. Delle accuse del rapporto COI, la parte che più mi ha infastidito e fatto riflettere è l’accusa secondo la quale in Eritrea le donne verrebbero stuprate abitualmente come fosse quasi una normalità istituzionalizzata… Inizialmente sono rimasto di sasso, non potevo credere che fossero riusciti ad avere il coraggio di scrivere quelle parole… poi si cerca di razionalizzare… Gli occidentali, mediamente, non sanno nulla dell’Eritrea, se si desidera catturare l’attenzione e indirizzare un emozione che implichi la repulsione e la demonizzazione di un soggetto politico, cosa c’è di meglio dell’evocare immagini riguardanti barbarici stupri ?! Questa propaganda dello “shock” può funzionare per le masse occidentali, .. ma chi conosce un poco l’Eritrea e gli eritrei, tra questi sicuramente non pochi gli italiani, l’accusa appare immediatamente un aberrazione di una mente perversa. L’utilizzo dell’argomento “stupro”, il Coi lo può effettuare perchè conosce il livello di pregiudizio che esiste in Occidente nei confroti degli africani. Gli africani secondo un vecchio stereotipo razzista, sarebbero tutti dei “negri” senza capacità dare freno ai propri istinti animaleschi… perciò, si riesce facilmente a far sorbire una propaganda nella quale vi sono narrati elementi truculenti e selvaggi riguardanti qualche “esotico” e “incivile” paese africano. L’Eritrea è un paese povero, non misero… c’è un abisso tra le due condizioni. Se c’è una cosa di cui sono innamorato dell’Eritrea (sembra autoreferenziale ma non lo è; ho vissuto quasi tutta la vita in Italia…riesco ad avere uno sguardo “distaccato”) è proprio un “naturale” senso del rispetto tra le persone, ovviamente anche delle donne… questo, come tradizione e costume antico, e nella guerra d’indipendeza vi è stata un accellerazione progressista sulle tematiche femminili, ricordiamoci che erano molte le donne guerrigliere e la politica del Fple era incentrata sull’uguaglianza anche di genere… racconto un piccolo aneddoto famigliare… Mia zia, donna forte e coraggiosa, che ha perso figli e nipoti nelle varie guerre, cresciuta però con un retaggio culturale di tipo consevatore…… ricordo che subito dopo la liberazione era felicissima come tutti gli eritrei, anche con un poco di amaro dentro…suo figlio da anni in guerriglia, come molti altri, era morto appena poco prima di entrare ad Asmara in uno degli ultimi sforzi (19/5/1991) … Vedeva donne guerrigliere che guidavano camion, che espletavano tutte le funzioni come gli altri guerriglieri uomini… vedeva coppie musulmano-cristiane formatisi nella guerriglia… era un poco scossa, perchè in contrasto con la sua educazione tradizionalista… ma ci è voluto un nulla a che essa si abituasse e lo accettasse… in fin dei conti non erano degli estranei a portare queste idee progressiste… e non venivano nemmeno dall’“alto”, veniva da gente come suo figlio che ora era semmai sepolta sottoterra, e un credito e rispetto per le sue idee gli erano con naturalezza dovute… da lì è continuata una politica di particolare attenzione alle tematiche femminili…. E’ di questo paese che stiamo parlando. Se anche non avessi le mie radici in Eritrea, comunque, me ne innamorerei e sarei eritreo nel cuore. Per concludere… si sono fatti sentire segnali di guerra giorni fa… è una brutta notizia… Spero che il popolo etiope faccia sentire la sua voce… in modo che spinga verso la pace tra i due paesi… una volta molti decenni fa, l’Etiopia era il faro dell’orgoglio indipendentistico… ora lo è l’Eritrea.. lo potrebbero essere entrambe , basterebbe che il governo dell’Etiopia in un moto di orgoglio ritrovato, cessi la politica furba di corto respiro, che consiste nello stare con il “bullo” più forte (Usa)… Nella pericolosa situazione di possibile “escalation”, io ho invece un sogno… che tra Eritrea ed Etiopia scoppi la pace, s’instauri la cooperazione nella giustizia e nel mutuo rispetto.
    Cordiali saluti

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