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In Eritrea batte un cuore italiano: l’associazione “Un Cuore un Mondo”

Marilena Dolce
29/09/14
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© EritreaLive, Carrara, Conferenza Operare al cuore dell'Africa

© EritreaLive, Carrara, Conferenza “Operare al cuore dell’Africa” da sinistra, Maurizio Locatelli, presidente onlus Un cuore un Mondo, Fesshazion Pietros, Ambasciatore d’Eritrea in Italia, Luciano Ciucci, dg Fondazione Monasterio Toscana, Bruno Murzi, responsabile dipartimento Pediatrico Fondazione Monasterio

In una calda domenica d’inizio settembre a Carrara, durante il Festival Con_Vivere (5-6-7 settembre), a Palazzo Binelli, sede della Cassa di Risparmio, sponsor dell’iniziativa, si è parlato di Africa e di cuore, per presentare il nuovo progetto promosso dalla Fondazione Monasterio dell’Ospedale di Massa e dalla onlus Un Cuore un Mondo.

Il prossimo anno i medici toscani torneranno ancora in Eritrea per operare al cuore e occuparsi di prevenzione, come spiega, durante il suo intervento, il cardiochirurgo Bruno Murzi, capo dell’equipe medica.

Il loro lavoro all’Ospedale Orotta di Asmara è cominciato nel 2008  e avrebbe dovuto limitarsi a fare interventi su bambini eritrei affetti da patologie cardiache congenite. «All’inizio è stato così, poi però» spiega il dottor Murzi «questa rigidità ha cominciato a starci stretta. Ci chiedevamo perché non potessimo operare una donna di ventisei anni, salvando così anche la vita dei suoi cinque figli, oppure un padre, salvando, in questo modo, lui e la sua famiglia».

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©EritreaLive, Carrara, Festival Con_Vivere,

«Inoltre» prosegue «abbiamo cominciato ad accorgerci che, accanto alle patologie congenite c’erano quelle di molti bambini che nascevano con un cuore sano che poi, per un banale mal di gola, si ammalava gravemente. Allora abbiamo deciso che si doveva fare prevenzione contro le malattie reumatiche, prima causa di malformazione cardiaca».

Le complicanze delle malattie reumatiche erano infatti di gran lunga più numerose e devastanti delle patologie congenite, perciò i medici italiani decidono di allargare il campo d’azione; non solo interventi ma prevenzione e divulgazione, per spiegare come evitare il pericolo di far ammalare un cuore sano.

«Operare un piccolo» spiega il dottor Murzi «costa circa 5.000 euro. Con quegli stessi soldi si può fare moltissima prevenzione importante».

Perciò l’equipe di Carrara, composta da una ventina di operatori, cardiochirurghi, anestesisti, cardiologi, infermieri, coinvolge nel progetto di prevenzione le istituzioni eritree, il Ministero della Sanità e quello dell’Educazione, per lavorare insieme, andando nelle scuole per spiegare come evitare di ammalarsi.

Spiega Nadia Santa, cardiologa «i medici italiani hanno eseguito screening su moltissimi bambini, più di 5000, hanno coinvolto i professori e gli stessi ragazzi per spiegare che un mal di gola non va trascurato, per insegnare anche ai piccoli a riconoscere i primi sintomi della malattia, magari guardandosi in gola l’un l’altro».

© EritreaLive, Carrara, Mostra Salviamo il cuore nel cuore dell'Africa

© EritreaLive, Carrara, Mostra fotografica Salviamo il cuore nel cuore dell’Africa

Se i controlli rivelano un sospetto si fa un’ecografia e, se necessario, si manda il bambino all’Ospedale Orotta dove potrà essere curato dalla dottoressa Zaghereda, cardiologa pediatra.  Individuata in tempo, la malattia reumatica può essere curata, «questo significa» conclude il dottor Murzi «che i bambini non avranno bisogno, in futuro, di un intervento cardiochirurgico».

Un bel risultato.

I numeri del lavoro dei medici italiani sostenuti da Un Cuore un Mondo associazione nata ventidue anni fa, parlano chiaro: cinquemila, seimila bambini visitati, operati più di cento  da quattro equipe di differenti ospedali italiani che si alternano, in Eritrea,  nel corso dell’anno.

L’Ambasciatore d’Eritrea in Italia, Fessahazion Pietros invitato a partecipare alla tavola rotonda, parla della difficile situazione del suo paese, sospeso, suo malgrado, in uno stato di “non pace- non guerra”. L’intervento italiano a favore dei piccoli eritrei è, perciò, molto importante

«Oggi l’Eritrea» spiega l’Ambasciatore  «è un paese in difficoltà, che deve reggere pesanti sfide. Dopo una guerra durata trent’anni (ndr 1961-1991), terminata con l’indipendenza, (ndr de facto 1991, de iure 1993 ), il nostro paese ha dovuto affrontare a distanza di soli sette anni un nuovo conflitto con l’Etiopia (ndr 1998-2000) che dopo quindici anni ne occupa ancora i territori, nonostante un arbitrato internazionale stabilisse che quei territori erano eritrei. Ecco perché 5000 e più ragazzi salvati sono un grande risultato per noi. L’Eritrea è grata verso chi aiuta la sua gente, verso i medici che portano benessere».

L’Africa non è un Paese, come durante il Festival è stato più volte sottolineato.

© EritreaLive, Carrara, Salviamo il cuore nel cuore dell'Africa

© EritreaLive, Carrara, Mostra fotografica Salviamo il cuore nel cuore dell’Africa

«Ci sono circa mille etnie differenti, l’ Africa non è un’unica entità» dice l’ambasciatore Fesshazion che aggiunge «noi riteniamo che l’Africa sia il continente del futuro perché ha molte risorse, molte potenzialità ed  è un paese giovane».

Durante il festival sono state esposte le fotografie che raccontano il lavoro dei medici toscani in Eritrea, ed è stato presentato il bel documentario Cuore Eritrea di Massimo Bondielli vincitore del premio Chatwin, per la promozione e diffusione della cultura di viaggio,  Un racconto di quanto si fa in Eritrea, ma, soprattutto, come lo si fa,  con quale spirito. 

Bruno Murzi, infine, ha parlato del suo affetto verso l’Eritrea, paese al quale si sente legato per cultura, tradizione, storia, (magari non la migliore) sentendosi in un certo senso responsabile di aiutarli ad avere una sanità migliore.

Per questo motivo è importante, spiega la dottoressa Santa, la formazione. Da due anni è stato creato un team che assiste i medici italiani composto da un infermiere e un medical assistant eritrei, perché imparino come proseguire il lavoro di prevenzione iniziato insieme. « Al termine del progetto» continua la dottoressa «verrà lasciato in Eritrea un ecografo portatile e un computer con i dati perché possano  proseguire senza di noi».

L'Eritrea ha raggiunto gli obiettivi del millennio sulla salute (4-5-6).

L’Eritrea ha raggiunto gli obiettivi del millennio sulla salute (4-5-6).

L’aspetto di prevenzione, divulgazione, formazione è sicuramente in linea con il modo di pensare eritreo che s’impegna per raggiungere obiettivi nei quali crede, come dimostrato proprio in campo sanitario dai positivi risultati degli obiettivi del Millennio (MDG’s), raggiunti in anticipo. L’Eritrea oggi è tra i primi stati africani ad aver eliminato quasi completamente la malaria.  Non solo, ha ridotto sensibilmente la mortalità infantile, aumentato il benessere e la sicurezza delle donne in gravidanza, sconfitto la diffusione del virus hiv e dell’aids.

Eliminato un  buonismo e un aiuto volto più a riempire tasche occidentali che sanare problemi africani,  la concretezza di Un Cuore un Mondo indica la direzione giusta, offre capacità e competenze senza escludere il paese che le riceve.

Marilena Dolce
@EritreaLive

Marilena Dolce

Marilena Dolce, giornalista. Da circa dieci anni viaggio verso il Corno d'Africa e da altrettanti scrivo ciò che vedo. Soprattutto per Eritrea ed Etiopia ma non solo. Dal 2012 scrivo per EritreaLive, notizie e racconti in diretta dall'Eritrea. Perchè per capire il mondo bisogna uscire dal proprio quartiere, anche solo leggendo.

Una risposta a “In Eritrea batte un cuore italiano: l’associazione “Un Cuore un Mondo””

  1. meriet ha detto:

    Secondo la cultura Eritrea, il ‘cuore’ (libi – in Tigrino) oltre ad essere l’organo cuore, significa anche ‘sapienza’.
    e.g. ‘lebamat hakayem libi’ – tradotto – ‘dottori saggi di cuore’

    Grazie di cuore, per i vostri impegni ed aiuti ( e sopra tutto per la vostra comprensione d’un governo impegnatissimo e mal compreso o per malizia o per l’ignoranza).

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