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L’Africa è come la raccontano? di Daniel Wedi Korbaria

Marilena Dolce
03/07/15
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Daniel Wedi Korbaria, scrittore eritreo che vive da anni in Italia

L’Africa è come la raccontano?

di Daniel Wedi Korbaria, scrittore eritreo

Io sono africano, provengo dall’Eritrea dove ho vissuto tutti gli anni drammatici del Colonnello Mengistu Hailemariam.

Sono stati anni molto dolorosi per la mia famiglia e per l’intero paese. Ho lasciato la mia città Asmara un anno prima dell’Indipendenza ma sono sempre tornato a casa. Ci ritorno appena metto da parte dei soldini, quando sono fortunato mi ci vogliono 3 anni. Dall’ultima volta però ne sono già passati 4 che per mia madre sono quaranta.

Quando si parla dell’Africa ho come l’impressione, e credo di non essere il solo, che l’Occidente non faccia altro che demolire e denigrare tutto il bello dell’Africa. Ucciderne l’Anima.
Mi chiedo: e se l’Africa non fosse tutto quell’Inferno che ci mostrano in tv e fosse invece una specie di Eden dove c’è tutto e non manca niente? Allora la vedo ricca di frutta e fiori, ricca di cibo ed acqua. I suo paesaggi, i suoi animali e i suoi tramonti sono i più belli del pianeta, la sua terra è ricca di giacimenti d’oro, di diamanti, petrolio e gas. Possiede grandi risorse naturali che possono risolvere qualsiasi suo problema, compreso il virus letale appena scappato alle case farmaceutiche. Voi mi direte che è un’utopia degna di un infante, di un pazzo. Ma quest’Africa c’è vi dico e per toccarlo con mani bisogna svegliarsi quantomeno dal letargo.

I mainstream occidentali dicono che l’Africa non è più casa per i giovani africani, infatti in tv li vediamo mentre fuggono da lì in massa sopra a camion o gommoni. I titoli dicono: scappano dalla guerra, dalla fame, dalla mancanza di diritti umani.
E le guerre scoppiano all’improvviso in qualche paese africano, scoppiano bombe un po’ ovunque, disordini, morti e fuga di civili.

Le guerre accelerano queste disperate migrazioni che dall’Africa salgono verso il Nord Europa, ricco di welfare e come se fosse una strategia geopolitica scatena orde di immigrati mentre l’Europa discute confusamente di trattati di Dublino, Schengen e quote di rifugiati da spartirsi equamente, dando lo status di rifugiato solo agli  eritrei.

Il tragico fenomeno dell’immigrazione di giovani africani verso l’Europa è un problema che riguarda tutti i paesi africani, chi più chi meno. Molti eritrei nel mondo sono scappati durante la Federazione dell’Imperatore e poi con il Dergue di Menghistu Hailemariam. Oggi ci ritroviamo in una situazione diversa in cui la generazione nata in un paese libero, attratta dalla ricchezza del Nord Europa accogliente, fugge con mezzi di fortuna rischiando di morire.

È una corsa all’oro.

E stavolta i meanstream  dicono: “Scappano per colpa della dittatura più feroce al mondo”.
Tra un presidente africano e uno americano, non so voi, ma io voglio credere all’africano.

Soprattutto quando si parla di problemi africani dobbiamo tutti, ad iniziare da me, imparare ad ascoltare la flebile voce dell’Africa, quella che arriva dal più profondo del suo ventre. A questo punto, prima di gridare anche noi “è colpa del dittatore” sentirei quello che un presidente africano ha da dire per “discolparsi”.

Nel nostro caso il presidente eritreo da molto tempo ha  accusato l’uomo più potente della terra di lavorare contro il futuro del suo paese, che poi sono i suoi giovani e, con l’impiego delle sue potenti agenzie, di trafficare con la vita di questi giovani facendogli attraversare il deserto e il mare.
“Ho aiutato donne e bambini a fuggire dal loro aguzzino e finanziato la collaborazione dei paesi partner” dice  il presidente americano.

E io mi sono chiesto, chissà perché le ambasciate occidentali, senza troppe spiegazioni, a un certo punto hanno smesso di concedere visti, sia quelli turistici che quelli familiari o per i ricongiungimenti. Parlo per esperienza personale: ho difficoltà a far venire in Italia mia madre di oltre settant’anni, a meno che non decida di caricarla su un barcone. I visti non si concedono nemmeno a coloro che ne hanno diritto, per cui molti sono stati costretti a sborsare dieci volte tanto e  usare mezzi di fortuna, dopo essersi salvati da deserto e mare.

In questi anni la diaspora eritrea è stata ricattata dai beduini e dai trafficanti che minacciando di morte i suoi cari hanno succhiato e depredato i suoi risparmi. Chissà quanti ospedali e scuole si sarebbero costruite nel paese con tutti quei soldi degli eritrei.

Poi mi dico come mai un dittatore dovrebbe interessarsi ai cantieri del suo paese, come la costruzione di dighe per l’acqua? Perché dovrebbe preoccuparsi di dissetare il popolo quando lui può ordinare il miglior Dom Pérignon?

Per poter fare progresso il primo diritto umano è quello, secondo me, del diritto alla pace con i vicini e con il mondo intero.

Il diritto alla pace per vivere e costruire il proprio paese libero e sovrano. Alla base di quella trentennale guerra c’è proprio questa manchevolezza perché è storicamente inspiegabile il silenzio delle Nazioni Unite durante l’annessione da parte dell’Imperatore Haile Sellassiè dell’Eritrea all’Etiopia con il consenso  degli Stati Uniti, un errore che è costato la vita a migliaia di eritrei morti per l’Indipendenza.

Poco prima di fuggire Mengistu, dopo aver perso la città di Massawa, ha bombardato con   jet sovietici il mercato affollato di gente che cercava del cibo.

Un orrore.

Oggi, a distanza di vent’anni da quel passato, le Nazioni Unite vogliono far credere che sono veramente preoccupate per la sorte dei giovani eritrei nati in un paese libero quando da sempre hanno calpestato e messo a rischio la sopravvivenza dei loro padri?

Le Nazioni Unite dicono che è  per tutelare questa generazione di eritrei che hanno formato una Commissione d’inchiesta dell’ONU per accusare l’Eritrea di crimini contro l’umanità allestito campi profughi a ridosso dei suoi confini.

Intanto l’Africa è sempre più zeppa di campi per rifugiati.

E se fossero  queste le grandi “prigioni a cielo aperto”?  Se fossero usate per accelerare il  fenomeno migratorio fungendo da pit stop per poi ripartire?

Molti dei rifugiati che non ce l’hanno fatta sono scappati ai campi rifugiati dell’UNHCR. Tutti quelli che sono morti durante il lungo viaggio hanno sostato in quei campi rifugiati oltre confine dove erano stati rinchiusi per un po’.

L’Africa è oramai disseminata da migliaia di ettari di terreno coltivabile adibito a campo recintato, tendopoli.

A chi appartenevano quelle terre prima? Mi chiedo se tutto questo non sia land grabbing.

Più passa il tempo e più me ne convinco: alle Nazioni Unite fa proprio comodo che ci siano le guerre.

Aiutare a far scoppiare altre guerre significa più campi rifugiati,  altri uffici, altro personale, altri finanziamenti e  raccolta di soldi.

E più aumenteranno le guerre più africani si potranno rinchiudere in nuovi campi profughi con i caschi blu a fare la guardia.

Del resto il neo colonialismo si attua proprio riducendo l’Africa ad una grande prigione per gli africani.

Marilena Dolce

Marilena Dolce, giornalista. Da circa dieci anni viaggio verso il Corno d'Africa e da altrettanti scrivo ciò che vedo. Soprattutto per Eritrea ed Etiopia ma non solo. Dal 2012 scrivo per EritreaLive, notizie e racconti in diretta dall'Eritrea. Perchè per capire il mondo bisogna uscire dal proprio quartiere, anche solo leggendo.

3 risposte a “L’Africa è come la raccontano? di Daniel Wedi Korbaria”

  1. Cesare Pomata ha detto:

    Quanto è stata bella per me Massawa,se qualcuno forse leggerà questo messaggio ricorda di aver sentito nominare il ristorante Acqua Chiara?Massawa per me sei stata come il primo amore:non ti scordero mai..

  2. Cesare Pomata ha detto:

    Quanto era bella Massawa!Con la sua pace,la gente cosi cordiale e fraterna,mai
    una lite o un malinteso,e poi chi leggerà questo commento avrà forse sentito parlare del ristorante Acqua Chiara?Ciao Massawa per me sei stata più del primo amore:non ti dimentichero mai-Cesare

  3. Luciano Cottura ha detto:

    Salve Sign. Daniel mi chiamo Luciano Cottura 70 anni nato a Ghezzabanda. Mi piacerebbe mandarle un testo sulla guerra in essere. Lo troverà molto interessante, accrescerà la sua conoscenza da ricerche personali che ho fatto. Mi piacerebbe avere il suo indirizzo email. Il mio è cotturaluciano@gmail.com. Buona domenical

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